Inglesi.

Diciamolo, gli inglesi non sanno cos’è l’estate. 

Hanno fatto la rivoluzione industriale, colonizzato mezzo mondo, sono pure riusciti a sfanculare l’Unione Europea. Ma il caldo li manda proprio fuori di testa.

Appena esce un raggio di sole si agitano tutti, si spogliano e corrono nei parchi in mutande, tirano fuori canottiere acquistate nel ’92 ma “praticamente nuove” perché usate solo ogni 5 anni, quando la temperatura (media) raggiunge i 22 gradi. 

Gli inglesi mangiano di merda e sono alcolizzati, ma hanno 2 grandi pregi: sopportano tutto, e sono efficienti. Sopportano 10 mesi di pioggia l’anno e vedono poco sole, ma quando lo vedono non se lo fanno scappare.

Da febbraio ad agosto controllano le previsioni del tempo 7 volte al giorno. Non appena si prevede una giornata calda iniziano a fare previsioni: niente può fermarli.

“Tra 3 settimane, il 26 luglio, saranno 38 gradi!”

“Tra 4 giorni saranno 38 gradi…”

“…domani sono 38 gradi!”

A questo punto assistiamo alla frenesia totale. Precisiamo che l’inglese tipo (femmina) gira in sandali dal 21 marzo anche se c’erano 12 gradi e pioggia. Il calendario dice primavera, costi quel che costi. Dunque, quando sono previsti i 38 gradi, la Inglese si spoglia sempre più, presentandosi a lavoro a braccia scoperte, gambe nude, infradito, occhiali da sole, telo mare e tavola da surf. 

L’inglese tipo maschio non ha grandi libertà di abbigliamento. Se lavora in un ufficio formale, continua ad indossare pantaloni lunghi, camicia abbottonatissima fino al naso, e semplicemente soffre in silenzio come ha sempre fatto. Se invece lavora in un ambiente più casual, si concede il jeans sopra al ginocchio e una polo abbottonata fino al pomo d’Adamo, che gli consente di respirare e parlare quanto basta per commentare le previsioni del tempo.

“Cosa farai questo weekend?”, mi chiede la mia collega Charlotte di martedì mattina. 

Ma che ne so, penso io, è già tanto se so cosa cucinare stasera. 

“Non ci ho ancora pensato – rispondo cortesemente – e tu?”. 

Il weekend prevede 29 gradi. La efficiente Charlotte ha già pianificato una mattinata di Yoga del parco: inizio ore 6am in punto. Ha già informato il marito che entro le 8am esige passeggiatina al mercato sotto il sole, pranzo all’aperto, giro al parco fino a che non diventano rossi come peperoni, per poi ritornare a casa estenuati solo quando il sole sarà tramontato (N.B. il sole in Inghilterra d’estate tramonta alle 22:30). 

Torneranno il lunedì in ufficio rossi paonazzi, stanchi morti. Ma ne è valsa la pena .

Mi piaccion le sbarbine

Oggi parlavo con il mio collega Alberto. Mi ha detto di smetterla di usare le app, e di andare ad imbroccare nei locali, nei posti veri, con le persone vere!

Alberto è un ragazzone di Brescia, è vegetariano e va a jiu jitsu 2, a volte pure 3 volte a settimana. Prima della lezione dice tutto contento “devo andare a jiu jitsu” ma poi la mattina dopo ci racconta mesto di come è stato pestato senza pietà a jiu jitsu, avvolto nel suo kimono.

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Albertone è uno all’antica, le app gli fanno schifo. Ma c’è una cosa che non gli fa schifo: le donne. Gli dico “a te piacciono tutte” e lui offeso ribatte “non è vero” ed inizia ad elencarmi le selezionatissime categorie di donne alle quali è attratto: gli piacciono mature ma in fondo anche giovani; un po’ scurette ma è anche innamorato di una bionda figa; le tette sono importanti! Ma non così tanto. Ci ho pensato a fondo: secondo i miei calcoli, circa l’ 87% degli esseri umani di sesso femminile nel mondo rientrano nella categoria “il tipo di Alberto”.

Dall’alto della sua saggezza orientale acquisita facendosi menare dai pischelli della palestra, Albi cerca di indicarmi la retta via: vai e imbrocca nel mondo reale.

Ma io non so imbroccare, non so nemmeno flirtare. Non so come si fa.

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Prendiamo ad esempio una situazione-tipo nel mondo reale: al pub con le Squinzie. Un pub del sabato sera, che pullula di gente, amici, e amici di amici che ti presentano un’orda di amici MASCHI. Si parte con le arti della seduzione del mondo reale. Poppe in fuori pancia in dentro, all’attacco: ognuna punta un ragazzo. Ester sempre quello più alto. Linde ovviamente quello più figo ed intelligente. Giulia quello nero. E io quello che rimane, perché arrivo in ritardo. Come nei film di supereroi, ognuna di noi sfodera il suo super-potere:

Ester: la serpentessa sinuosa. Ride civettuola esibendo un mix di simpatia e sensualità est-europea, e spera che le ragazze (cioè le sue tettone) facciano il loro sporco lavoro. “Non ho sopportato per il peso di una quarta abbondante coppa C per niente”, pensa tra sé e sé.

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Linde: l’intellettuale. Lei parla solo di cose interessantissime ma anche casual, ad esempio del fatto che è appassionata di calcio. Il tipo di turno immediatamente si innamora e le chiede di andare in India con lui. Lei le dirà di no e gli spezzerà il cuore.

Giulia: panterona. Ci su butta a capofitto. Convince la sua preda a bere il quarto shottino di tequila per stenderlo e poi sedurlo. Dopo averlo sedotto gli chiederà il numero, promettendogli un appuntamento romantico. Invece, gli telefonerà ubriaca marcia alle 3 di notte dicendo di chiamarsi Gladis. Lui nonostante tutto le riscriverà, ma lei per l’immensa vergogna ignorerà tutte le sue chiamate e lo bloccherà su whatsapp.

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E mentre le Squinzy agiscono al pieno della loro potenza come agenti dell’FBI, io mi trovo a urlare al mio prescelto: “Can you say s-b-a-r-b-i-n-e? SBARBINE!”. Voglio solo sentir dire “sbarbine” da un inglese con l’accento inglese. “Ma io NON sono inglese!” dice il povero sfortunato. Sembra un po’ spaventato e confuso. “Voi uomini siete tutti uguali, avete sempre una scusa!” dico io. Allora cerco pazientemente di spiegargli che cos’è una sbarbina.

Prima però mi giro per monitorare la situazione: Ester si è già stufata, Giulia a forza di shottini si è stesa da sola, e ora twerka con/su Ester. Linde ha scoperto che il suo Principe Azzurro è sposato, e in realtà a lei fa pure schifo il calcio. Alla prima occasione si butta anche lei a twerkare su Ester. Tutto sotto controllo.

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“Allora” ricomincio, “una sbarbina è tipo una ragazza giovane… cioè senza barba, capito? E pure un po’ scema”. Il prigioniero annuisce, ormai rassegnato. I suoi amici sono già andati a un altro party molto più divertente e pieno di figa.

“E ora ripeti con me: Mi piaccion le S-B-A-R-B-I-N-E… ma col tuo accento stavolta, dillo col tuo accento inglese!”.

Ormai non ribatte più: “Mee peeachon le sbarrrbinaee” recita un po’ mogio, ma con un perfetto accento britannico.

“Oh, vedi? E che ci voleva!”.

Uber love

Cosa fai se il tassista di Uber è particolarmente fico?

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Dico, se il tuo tassista è carino gentile bello, ma poi scendi dal taxi e ti rendi conto che non gli hai lasciato il tuo numero?

Questa è una domanda che ci siamo poste io le squinzie tornando in Uber dopo i morigerati festeggiamenti del mio compleanno.

Ma chi sono le squinzie, direte voi? Sono le mie amiche di Londra.

Squinzia: Ragazza che cura eccessivamente il proprio aspetto e abbigliamento e che tiene un comportamento civettuolo.


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Linde, una belga cresciuta in Asia che disegna quadri con le vagine, perché lei è femminista. È anche vegetariana. Il pesce però lo mangia (dai come si fa ad avere pietà di una vongola). Esce con questo tipo, anche lui un belga cresciuto in Cina… o era Parigi? O forse era tedesco? Una volta mangiava delle caramelle, e ci ha raccontato che le cartine di quelle caramelle una volta avevano immagini disturbanti di mele e pere in forma umanoide che facevano cose zozze tra di loro. Era un ricordo della sua infanzia in Svizzera. Austria? Boh. Forse non era nemmeno lui.

Ester, un’ungherese altissima e con due poppe che (non manco mai di ricordarglielo) sono veramente E-NOR-MI! Nonostante il suo grande successo con gli uomini del sud Italia in una breve vacanza in Puglia, a Londra non riesce a trovare l’amore. O un flirt. Insomma, nemmeno una palpatina. Ester ama fare le torte ma si rifiuta di leggere le ricette. Lei è fatta così. Ha anche un cugino (ungherese) che ha scritto una canzone rap. La musica non è un granché, ma lei continua a sostenere che il testo è veramente bellissimo. Sarà vero? Purtroppo non lo sapremo mai. Vedi anche: “l’ungherese è una delle lingue più difficili da studiare al mondo”.

E poi c’è Giulia, la mia amica Giulia. Lei è di Firenze, come me, e ci siamo conosciute a lavoro in agenzia. All’epoca era fidanzata e non mi dava confidenza. Era il periodo in cui andava in piscina e si scordava sempre le mutande di ricambio, e ogni mattina mi raccontava di come era andata in un negozio cinese a comprare delle mini brasiliane leopardate di emergenza. Ora che ci penso, forse mi dava confidenza.

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Insomma un giorno ha detto una cosa buffa, e io l’ho abbracciata, e ricordo chiaramente che lei ha detto “a me non piace il contatto fisico”. E io siccome sotto sotto sono una bulla ho pensato “ora la abbraccerò tutti i giorni”. O forse l’ho detto ad alta voce? Adesso a volte mi abbraccia anche di sua spontanea volontà.

Le squinzie vivono tutte e 3 insieme, in una casetta nel mio stesso quartiere: Brockley. Si pronuncia bròcli, ma a me suona sempre come “broccoli”.

Le squinzy spesso mi adottano a cena e ormai siamo una gang, la Broccoli Gang. Quattro single all’attacco, senza paura e senza vergogna. La vergogna è per i deboli.

Insomma io e le squinzy festeggiamo il mio compleanno, diamo il meglio di noi, e al ritorno ci pigiamo in un taxi e ci innamoriamo tutte contemporaneamente dell’autista: Manito. Nessuna di noi si fa avanti per lasciargli il numero, forse perché anche da sbronze sapevamo che non era un comportamento consono.

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Però il giorno dopo ci pensiamo, e Uber ci mette di fronte a questa domanda: si può contattare un autista di Uber con una scusa?

C’è un solo modo per scoprirlo: apriamo la app e cerchiamo di capire come metterci in contatto col nostro sexy driver senza incorrere in un crimine penale / essere denunciate per stalking.

Uber dice che ti puoi metterti in contatto con l’autista se:

1 – Hai lasciato qualcosa nel taxi; sì, il mio cuore baby…

2 – Vuoi segnalare un problema di sicurezza; per citare la famosa hit neomelodica Pronto 113: “Lo vorresti denunciare perché lui lui luuui ha rubato il tuo cuore, cuooore!”

3 – Il veicolo non era quello che mi aspettavo; molto di più!

4 – Sei stata coinvolto in un incidente; sì, lo scontro dei nostri cuori a millemila miglia.

Mentre noi fantastichiamo sui nostri figli mulatti con Manito, Ester ci fa giustamente notare che qualsiasi opzione scegliamo, ci risponderà un dipendente di Uber da un call centre in Bulgaria; di sicuro non Manito in persona.

Alla fine decidiamo per il gesto più puro e disinteressato: lasciamo una review con 4 stelle, e 1£ di mancia.

Fine.

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Caccole.

O anche: il mio 29esimo compleanno.

Quando vado a un primo appuntamento penso: “Non fare quella cosa in cui ridi a bocca chiusa, e poi ti esce il moccio dal naso.”

È il mio grande terrore. Penso “se non succede, sei salva”.

Poco prima di arrivare a un primo date, divento improvvisamente ed acutamente conscia del mio corpo: il mio fisico è una sconquassata bomba ad orologeria pronta a esplodere. E io devo controllarlo.

Ci sono tantissime cose che possono andare storte, e in quei 5 minuti che precedono l’arrivo del fortunato inizio ad elencarle tutte nella mia testa. È più una sorta di slide show di imbarazzanti ricordi.

Come quella volta in cui mi sono strozzata con un popcorn, ho iniziato a lacrimare e mi è colato tutto il mascara.

O quando sono uscita di casa con il vestito rimboccato nelle mutande.

E quando ho avuto una traccia di rossetto in mezzo agli occhi per una serata intera.

O quando sono uscita di casa per andare al mare, e il costume di sotto mi si è slegato e sono dovuta correre alla stazione tenendomi le mutande. PS: ero in ritardo.

E che dire di quel glorioso secondo appuntamento tenutosi nella mia cucina? In mancanza di accendino, mi sono elegantemente voltata verso il fornello per accendere una sigaretta. Quando mi giro verso di lui, coprendolo con una nuvola di sexy-fumo, lui mi guarda intensamente… e mi fa notare che la mia frangetta ha preso fuoco.

Per non parlare di quando sono entrata in macchina di un attore famoso (una lunga storia), e mentre faccio un gesto di cigno per schiccherare la sigaretta fuori dal finestrino, mi rendo conto che il vetro è chiuso… gli ho spiaccicato una sigaretta sul finestrino, e mi sono coperta in una scia di cenere e scintille. La macchina non era nemmeno partita.

Insomma, quando vado a un primo appuntamento (o a un colloquio di lavoro), punto in basso. Devo solo stare attenta a contenere i danni: non sbavarmi il rossetto, non rovesciarmi un piatto addosso, mangiare in modo che non mi rimangano cose incastrate tra i denti. Non dare fuoco a macchine altrui, o a me stessa.

Ma il mio più grande terrore sono le caccole. Forse è perché sono sempre stata conscia del mio naso, o forse perché sono sempre raffreddata.

Mi siedo, ordino un drink e anziché concentrarmi su quello che dico inizio a pensare alle mie narici, come se fossero geyser impazziti da tenere sotto controllo. Potrebbero esplodere in ogni momento! Lui mi parla, mi guarda in faccia, e io inizio a pensare “mi sta uscendo qualcosa dal naso?”.

È uno di quei dogmi della società, no? Per educazione, nessuno ti direbbe mai “hai una caccola”.

A parte mia sorella , lei mi informa sempre sui miei stati corporei senza vergogna. Come quella volta (avevo 15 anni): un ragazzotto ci prova con me alla fermata dell’autobus, e mia sorella declama ad alta voce “Ti sudano le ascelle!”.

Come biasimarla? Era la verità.

Quando ero piccola pensavo che crescendo avrei imparato le arti della seduzione. Spoiler: era una bugia.

A volte penso di non aver imparato proprio niente (a parte selezionare le migliori marche di deodorante); mi sento goffa ed imbarazzante, esattamente come a 15 anni.

Ma poi mi dico “metti caso che è amore, che differenza fa un dettaglio?”. Forse in effetti, nessuna. L’amore sarà pur superiore a uno strangolamento da popcorn! L’amore non guarda le sbavature, l’amore è più grande, molto, MOLTO più grande di una caccola!

E siccome domani è il mio compleanno e le date importanti mi rendono sentimentale, mi dico che ci sono un sacco di persone nella mia vita che sono sempre qui nonostante le sbavature della vita, nonostante la goffaggine delle relazioni.

Persone che mi vogliono bene anche se non voglio dividere il cinese con loro, anche se sono sempre in ritardo e brucio la cena. Persone che mi dicono se ho una cosa tra i denti e mi informano live sulla mia sudorazione, e fanno finta di ascoltare quando divento una palla.

Quest’anno per scherzo avevo detto che è l’anno dell’amicizia (perché gli uomini a Londra non mi vogliono). Ma oggi lo decreto davvero: questo è il mio anno dell’amicizia.

Se la mia vita fosse uno show di Maria De Filippi, adesso lei direbbe “Questo è un momento molto speciale per Eleonora”.

(musica, movimento di camera).

Maria mi darebbe il microfono e io ringrazierei “grazie Maria” e poi guarderei in camera e direi:

“Questo compleanno lo dedico a tutte le persone a cui voglio bene davvero”.

Musica.

Sigla.

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